lunedì 4 maggio 2009

Il film su Mattei visto da Roberto Cotroneo

scritto da Simona Mammano il 4 maggio 2009

Sull'Unità di oggi Roberto Cotroneo, nella sua rubrica quotidiana Undicietrenta, ha commentato la prima parte del film su Enrico Mattei, avanzando perplessità su come è stata disegnata la figura del presidente dell'Eni. Non sembra essere stata resa, come dice Cotroneo, la complessità di questo uomo, che decise di sfidare "le sette sorelle", come lui stesso chiamava le più potenti compagnie petrolifere mondiali, per rendere l'Italia indipendente da queste.
Cotroneo scrive:

Caso Mattei, quando la Storia è un romanzetto

Ieri ho visto con molta attenzione la fiction di Rai Uno su Enrico Mattei. Se ne è parlato molto prima che andasse in onda, come un evento, come un appuntamento da non perdere. Per l’argomento, intanto: il ritratto e la vita di uno degli uomini più controversi di questo dopoguerra. E perché l’attore che interpreta Mattei è Massimo Ghini: un bravo attore, molto amato dal pubblico.

Eppure ho avuto moltissime perplessità. E subito dopo mi sono andato a rivere quel capolavoro di Francesco Rosi, del 1972 che è “Il caso Mattei”. In quel film il ruolo di Mattei è interpretato, come molti ricorderanno, da Gian Maria Volontè. Ora, quali sono le perplessità? La perplessità viene dal fatto che la fiction di Rai Uno è sostanzialmente un fotoromanzo. Dove Mattei appare come un uomo che non è affatto un uomo di quel tempo, e non assomiglia per nulla al vero. Il Mattei di Ghini è un uomo generoso, appassionato, di buoni sentimenti. È un self made man che ama il suo paese, che ha tanta voglia di fare, e che si oppone ai cattivi padroni delle società petrolifere americane, le sette sorelle, come un qualunque signore che si oppone ai soprusi e alle posizioni dominanti, con etica e semplicità.

Il Mattei di Ghini piange con la moglie quando perde il bambino tanto atteso, stacca il telefono quando vuole stare con lei anche se lo chiamano dall’Agip. E quando individua il primo giacimento di metano fa portare la moglie dall’autista fino al luogo del giacimento e accende lui stesso il pozzo.

La fiction alterna episodi veri, ed episodi da romanzo popolare. Ma in nessun modo, da quella fiction (al contrario del film di Rosi) lo spettatore può farsi un’idea di chi fosse davvero Mattei. Ma, anzi, assistiamo, attraverso le fiction a una vera e propria riscrittura della storia d’Italia in chiave buonista; e commovente, e ormai si sta davvero un po’ esagerando.

Nella fiction il Mattei partigiano è un bravo uomo che fa il suo dovere di cittadino e di democratico, La Pira, con tutto il suo misticismo, pare un capo militare assertivo e deciso. Mattei non appare per quello che fu: uno spavaldo manager d’altri tempi, che non ha mai rispettato regole, che pagava, influenzava. Un grande demagogo, capace di cambiare la realtà delle cose. Ucciso nel 1962 in un incidente aereo, è ormai ufficiale, di «natura dolosa», Mattei fu un atlantista convinto, un uomo che possedeva fascicoli riservati, legato ai servizi segreti, tra i fondatori di Gladio, uno dei segreti più impenetrabili, e per decenni, della nostra Repubblica. Raccontarlo come uno che fa il picnic con la moglie sul fiume, è un po’ grottesco.

La cosa che colpisce di più è che la fiction di Rai Uno riprende esattamente il film di Rosi (che quasi 40 anni fa era di una modernità strepitosa) con quasi gli stessi episodi, ma ridisegnati in una chiave buonista, entusiasta, generosa, patinata, fumettistica. Ne viene fuori un eroe buono e al tempo stesso un eroe tragico (che in questa chiave Ghini interpreta con bravura), dentro un paese che non è mai esistito: un racconto che non restituisce a nessuno la complessità del personaggio. Un Mattei a uso famiglia, uguale per certi versi a tutti gli altri eroi della nostra storia recente su cui le reti e i produttori si esercitano da anni.

Eppure per chi sa e per chi conosce davvero la storia c’è un dovere etico nei confronti dei più giovani: raccontare al grande pubblico, con le ovvie semplificazioni, il clima, il colore e la realtà di quello che siamo stati, senza sconti e senza buoni sentimenti, soprattutto quando quei buoni sentimenti non ci sono stati. Non una storia riveduta e corretta, non una retorica per semplici, non la solita favola che non serve a nessuno, e non aiuta a capire il paese che siamo diventati.

Per approfondimenti su Mattei segnalo Profondo nero l'interessante libro dei due giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.
Andrebbe invece seguito il processo contro Totò Riina per l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, che si può seguire qui, strettamente legato all'attentato all'aereo di Mattei, per la tesi che il pubblico ministero Antonio Ingroia sostiene.



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