venerdì 29 maggio 2009

Festival Sociale delle culture antifasciste

Scritto il 29 maggio 2009 da Simona Mammano per Fuori dal coro



Da oggi fino al 2 giugno a Bologna presso il parco delle Caserme rosse si tiene il Festival sociale delle culture antifasciste. E' un programma denso e interessante per i dibattiti, gli spettacoli e gli ospiti. In particolare segnalo sabato 30 alle 11 Lezioni di Memoria di Daniele Biacchessi e il suo spettacolo serale (ore 21) Il Paese della vergogna.
Domenica 31 alle 14 I rosso/bruni: Destre ambigue e infiltrazioni con Valerio Evangelisti, alle 18 Vite senza permesso: interviste ad ambulanti immigrati di Manuela Foschi.
Lunedì 1 alle 19 Anpi 2.0, chi sono i partigiani di oggi?
martedì 2 alle 16 Donne della Resistenza. Testimonianze di staffette partigiane della pianura bolognese e alle 18 Il programma di Licio Gelli: una profezia avverata di e con Antonella Beccaria.
Non si può perdere questo festival, prezioso nella sua unicità.

venerdì 22 maggio 2009

Massimo Ciancimino


Scritto da Simona Mammano il 22 maggio 2009



Il 2 maggio Massimo Ciancimino, figlio minore di Vito, depone come testimone per il processo contro Bernardo Provenzano, Antonino Cinà e l'ex deputato di FI Giovanni Mercadante. E' consigliabile leggere la sua deposizione commentata su Antimafia Duemila da Silvia Cordella o ascoltarla sul sito di Radio radicale.
Questi sono documenti importanti, che consiglio a tutti di conoscere.

venerdì 8 maggio 2009

Brunetta e i sindacati

Scritto da Simona Mammano l'8 maggio 2009

Che questo governo voglia limitare il ruolo dei sindacati fino ad annullare anni di lotta è ormai sotto gli occhi di tutti. E' notizia ANSA di oggi che il ministro Brunetta ha proposto una modifica del D. Leg.vo 195/95 che disciplina i contenuti del rapporto di impiego di personale delle forze di polizia e delle forze armate. Ecco l'agenzia:

POLIZIA: SINDACATI, BRUNETTA VUOLE LIMITARE NOSTRO RUOLO


(ANSA) - ROMA, 8 MAG - ''No al tentativo del ministro della
Pubblica amministrazione e l'Innovazione, Renato Brunetta, di
limitare il nostro ruolo''. Lo affermano i sindacati di polizia
Siulp, Sap, Siap-Anfp, Silp-Cgil, Ugl ps, Consap, Coisp e Uilps.
''Dopo aver dichiarato guerra ai sindacati, alla liberta' dei
lavoratori e alla democrazia delle rappresentanze - denunciano
i sindacati - Brunetta intende passare ai fatti: con la proposta
di modifica dell'impianto della 195/95, che contiene le norme
base per l'esercizio dell'azione sindacale, il ministro propone
la durata di tre anni sia per il rinnovo della parte economica
che per quella normativa, e, soprattutto, l'anticipo del 90% di
quello che il Governo ritiene debba essere l'aumento retributivo
in caso di vacanza contrattuale superiore a 60 giorni. Questo -
sottolineano - vuol dire che, passati i 60 giorni dalla scadenza
del contratto che regola gli stipendi degli operatori di
polizia, il Governo decide da solo quale debba essere l'aumento,
e di questo aumento 'concede' il 90% all'operatore di polizia.
Lasciando che il sindacato lotti con ogni mezzo nella speranza
di strappare una 'mancetta' superiore al restante 10%''.
''Non si possono annullare cosi' - concludono - 30 anni di
battaglie, di sacrifici e di conquiste della lunga lotta per la
nascita di un sindacato nella Polizia di Stato; grazie al quale
oggi i poliziotti hanno un orario di servizio, uno straordinario
e soprattutto una tutela effettiva dei propri diritti attinenti
al mondo del lavoro''.(ANSA).

martedì 5 maggio 2009

intervista a De Magistis, Genchi e Paolo Borsellino su Telejato

Scritto da Simona Mammano il 5 maggio 2009

Telejato condotto e diretto da Pino Maniaci andrebbe seguita tutti i giorni

http://news.google.it/news?q=pino+maniaci&oe=utf-8&rls=org.mozilla:it:official&client=firefox-a&um=1&ie=UTF-8&hl=it&ei=Q38AStTTI4Sx_AaAsJ2oBw&sa=X&oi=news_group&ct=title&resnum=1


Intimidazioni al direttore editoriale di LiberoReporter

Su Articolo 21 c'è un redazionale che riguarda le intimidazioni che il direttore editoriale di LiberoReporter, Daniela Russo, continua a subire. E' necessario dare ampia visibilità a questi atti intimidatori in nome della libertà di stampa, come afferma Gaetano Baldi, direttore responsabile del quotidiano on line.

Intimidazioni alla redazione di Liberoreporter

di redazione

Intimidazioni alla redazione di Liberoreporter

Il Comitato di Redazione di LiberoReporter rende noto che continuano gli avvertimenti e le intimidazioni da parte di ignoti, in particolare nei confronti di Daniela Russo, Direttore Editoriale della testata. Ennesimo atto intimidatorio contro la rivista LiberoReporter: “Sono passati pochi giorni da quando sono stati manomessi i freni dell’auto del Direttore Editoriale – dichiara Gaetano Baldi Direttore Responsabile di LiberoReporter - ma le intimidazioni proseguono; questa mattina infatti sono state tagliate le due gomme anteriori dell’auto di Daniela Russo”.

Nonostante l’impegno della Polizia nel voler far chiarezza sui fatti, continuano a pervenire alla redazione inquietanti telefonate mute e le auto dei collaboratori sono oggetto di barbari gesti.
Malgrado i fatti precedenti siano stati divulgati dai media, gli esecutori non si fermano. E’ essenziale che i colleghi continuino a dar voce a quanto sta accadendo in nome della libertà di stampa.
“LiberoReporter ha condotto importanti inchieste – ha concluso Gaetano Baldi - sicuramente le intimidazioni potrebbero riferirsi a qualche corda “sensibile” che è stata toccata nei mesi scorsi.
I trascorsi ci insegnano che il lavoro svolto da giornalisti impegnati in inchieste particolari, ha avuto spessissimo un prezzo troppo alto: la vita”.

lunedì 4 maggio 2009

Il film su Mattei visto da Roberto Cotroneo

scritto da Simona Mammano il 4 maggio 2009

Sull'Unità di oggi Roberto Cotroneo, nella sua rubrica quotidiana Undicietrenta, ha commentato la prima parte del film su Enrico Mattei, avanzando perplessità su come è stata disegnata la figura del presidente dell'Eni. Non sembra essere stata resa, come dice Cotroneo, la complessità di questo uomo, che decise di sfidare "le sette sorelle", come lui stesso chiamava le più potenti compagnie petrolifere mondiali, per rendere l'Italia indipendente da queste.
Cotroneo scrive:

Caso Mattei, quando la Storia è un romanzetto

Ieri ho visto con molta attenzione la fiction di Rai Uno su Enrico Mattei. Se ne è parlato molto prima che andasse in onda, come un evento, come un appuntamento da non perdere. Per l’argomento, intanto: il ritratto e la vita di uno degli uomini più controversi di questo dopoguerra. E perché l’attore che interpreta Mattei è Massimo Ghini: un bravo attore, molto amato dal pubblico.

Eppure ho avuto moltissime perplessità. E subito dopo mi sono andato a rivere quel capolavoro di Francesco Rosi, del 1972 che è “Il caso Mattei”. In quel film il ruolo di Mattei è interpretato, come molti ricorderanno, da Gian Maria Volontè. Ora, quali sono le perplessità? La perplessità viene dal fatto che la fiction di Rai Uno è sostanzialmente un fotoromanzo. Dove Mattei appare come un uomo che non è affatto un uomo di quel tempo, e non assomiglia per nulla al vero. Il Mattei di Ghini è un uomo generoso, appassionato, di buoni sentimenti. È un self made man che ama il suo paese, che ha tanta voglia di fare, e che si oppone ai cattivi padroni delle società petrolifere americane, le sette sorelle, come un qualunque signore che si oppone ai soprusi e alle posizioni dominanti, con etica e semplicità.

Il Mattei di Ghini piange con la moglie quando perde il bambino tanto atteso, stacca il telefono quando vuole stare con lei anche se lo chiamano dall’Agip. E quando individua il primo giacimento di metano fa portare la moglie dall’autista fino al luogo del giacimento e accende lui stesso il pozzo.

La fiction alterna episodi veri, ed episodi da romanzo popolare. Ma in nessun modo, da quella fiction (al contrario del film di Rosi) lo spettatore può farsi un’idea di chi fosse davvero Mattei. Ma, anzi, assistiamo, attraverso le fiction a una vera e propria riscrittura della storia d’Italia in chiave buonista; e commovente, e ormai si sta davvero un po’ esagerando.

Nella fiction il Mattei partigiano è un bravo uomo che fa il suo dovere di cittadino e di democratico, La Pira, con tutto il suo misticismo, pare un capo militare assertivo e deciso. Mattei non appare per quello che fu: uno spavaldo manager d’altri tempi, che non ha mai rispettato regole, che pagava, influenzava. Un grande demagogo, capace di cambiare la realtà delle cose. Ucciso nel 1962 in un incidente aereo, è ormai ufficiale, di «natura dolosa», Mattei fu un atlantista convinto, un uomo che possedeva fascicoli riservati, legato ai servizi segreti, tra i fondatori di Gladio, uno dei segreti più impenetrabili, e per decenni, della nostra Repubblica. Raccontarlo come uno che fa il picnic con la moglie sul fiume, è un po’ grottesco.

La cosa che colpisce di più è che la fiction di Rai Uno riprende esattamente il film di Rosi (che quasi 40 anni fa era di una modernità strepitosa) con quasi gli stessi episodi, ma ridisegnati in una chiave buonista, entusiasta, generosa, patinata, fumettistica. Ne viene fuori un eroe buono e al tempo stesso un eroe tragico (che in questa chiave Ghini interpreta con bravura), dentro un paese che non è mai esistito: un racconto che non restituisce a nessuno la complessità del personaggio. Un Mattei a uso famiglia, uguale per certi versi a tutti gli altri eroi della nostra storia recente su cui le reti e i produttori si esercitano da anni.

Eppure per chi sa e per chi conosce davvero la storia c’è un dovere etico nei confronti dei più giovani: raccontare al grande pubblico, con le ovvie semplificazioni, il clima, il colore e la realtà di quello che siamo stati, senza sconti e senza buoni sentimenti, soprattutto quando quei buoni sentimenti non ci sono stati. Non una storia riveduta e corretta, non una retorica per semplici, non la solita favola che non serve a nessuno, e non aiuta a capire il paese che siamo diventati.

Per approfondimenti su Mattei segnalo Profondo nero l'interessante libro dei due giornalisti Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza.
Andrebbe invece seguito il processo contro Totò Riina per l'omicidio del giornalista Mauro De Mauro, che si può seguire qui, strettamente legato all'attentato all'aereo di Mattei, per la tesi che il pubblico ministero Antonio Ingroia sostiene.



sabato 2 maggio 2009

Valerio Evangelisti e l'influenza suina

Scritto da Simona Mammano il 2 maggio 2009

Valerio Evangelisti passa alcuni periodi dell'anno in Messico e da lì ha voluto raccontarci cosa accade in questo Paese, dove la popolazione sta subendo una sorta di quarantena a causa dell'influenza suina. Meglio, a causa dell'O.M.S.
Evangelisti ci descrive un crollo economico (e questo può metterlo seriamente in ginocchio), per la chiusura dei locali pubblici e il turismo bloccato.
Vale la pena di leggere questo articolo, perché è il punto di vista di chi il Messico lo vive.

PARANOIA IN MESSICO. UNA STORIA DI MAIALI E DI BUFALE

di Valerio Evangelisti

PigFlu.jpgPuerto Escondido, Oaxaca, Messico. Scrivo da un paese che sembra sprofondato nella follia. La località in cui mi trovo, nell’estremo sud, è stata finora risparmiata dalla “imperversante” influenza suina, che tanto clamore ha suscitato nel mondo e che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato con un grado di pericolosità 5, in una scala da 1 a 6. Malgrado la tranquillità che mi circonda, a ogni ora del giorno vedo in tv gente che circola con mascherine azzurre, medici che danno consigli alla popolazione, politici che dicono la loro (quale che sia il loro grado di competenza) supermercati presi d’assalto da turbe di compratori che vogliono fare scorta di alimenti in vista di un’improbabile carestia.

In tutto il paese sono chiusi da tre giorni i siti archeologici, i musei, i cinema e i teatri, le scuole e le università, molti uffici pubblici, molti complessi industriali. A Città del Messico un sindaco ambizioso, Marcelo Ebrard, in perenne competizione con il presidente del distretto e con il governatore dello stato, ha voluto mostrarsi più papista del papa: così ha ordinato la chiusura completa di bar, ristoranti, discoteche e locali notturni, visti quali potenziali luoghi di assembramento e di propagazione dell’influenza suina. Peccato che si sia scordato di chiudere anche la metropolitana, dove ogni giorno si ammassano cinque milioni di viaggiatori e che è certamente più affollata di un ristorante. Locali chiusi anche ad Acapulco e in altre città in cui l’influenza non si è manifestata per nulla.
Il presidente della repubblica è apparso in tv a raccomandare alla gente di rimanere in casa propria, in tutto il paese. Perché tanto allarme? Vediamo le cifre ufficiali di un’epidemia così spaventosa da paralizzare l’intero Messico e da fare rischiare il collasso a un’economia già malridotta. Il 30 aprile i contagiati da influenza suina erano valutati in 99, con un totale di 7 (SETTE!) deceduti per complicazioni respiratorie – cioè per la degenerazione dell’influenza in broncopolmonite.
Il Messico ha 100 milioni di abitanti, la capitale (dove si è verificata la metà dei casi) ne ha 20 milioni. Considerate le proporzioni, si direbbe che sia più probabile annegare nella propria vasca da bagno che morire di influenza suina.
Inoltre, va tenuto presente che un’influenza “ordinaria”, in Messico, comporta in media 1600 decessi per complicazioni respiratorie , e addirittura 26.000 negli Stati Uniti.
Non iniziate a intuire la patacca?
Oggi 1° maggio, mentre scrivo, il consueto briefing mattutino delle autorità sanitarie messicane (perennemente scortate da membri della OMS) si è aperto con un annuncio rassicurante: i contagiati sono SCESI a 121, i morti sono SCESI a 12 (DODICI). Pare che nessuno ricordi ciò che era stato detto il giorno prima. E la mancanza di memoria non riguarda solo politici e sanitari. Dopo Cuba e Argentina, anche Israele ha annunciato la sospensione di tutti i voli verso il Messico – senza ricordare che non esiste alcun volo diretto Israele-Messico.
Insomma, un delirio totale. Che ne è dei 3000 contagiati e dei 159 morti annunciati il 23 aprile, quando tutta la faccenda è cominciata? Semplicemente si è scoperto che per lo più si trattava di casi di influenza normale e del doloroso, ma inevitabile, seguito di decessi di soggetti a rischio. L’importante è mettere la mascherina, distribuita in milioni di esemplari, alla popolazione, per quanto sia troppo porosa per fermare il virus (tanto quello ordinario quanto quello suino), e quest’ultimo sopravviva nell’aria solo pochi secondi. Interrogate in merito, le autorità hanno ammesso l’inutilità del bavaglio (di cui la tv raccomanda ossessivamente l’uso), e detto che si tratta di un metodo per “rassicurare la popolazione”.
Ma perché un’influenza così sporadica (i casi, in tutto il mondo, sarebbero al momento 331) suscita tanto allarme? Perché si è verificata in aprile e non in inverno, è la prima risposta delle autorità. In realtà è una risposta dubbia: tra marzo e aprile, un’epidemia di influenza si è verificata anche in Italia (come può testimoniare un autorevole collaboratore di Carmilla), dovuta probabilmente all’alternanza di giorni caldi e giorni freddi, senza che nessuno andasse a scomodare i suini.
Seconda risposta: si tratta di un virus di tipo “nuovo”, sconosciuto in precedenza (adesso battezzato A H1 N1). Ma se è nuovo, perché definirlo “suino”, quando nessun maiale messicano risulta malato di influenza e in grado di trasmetterla all’uomo? Perché ricorda un caso di influenza effettivamente suina accaduto mesi fa... negli Stati Uniti!
E qui forse ci avviciniamo alla radice del problema. Negli Usa i casi di influenza
suina sono 121, di cui uno o forse due fatali (chi dice uno allude a un bambino messicano morto in California; ma dimentica un adulto statunitense deceduto in marzo). Malgrado questo, la OMS non sconsiglia i viaggi in California o a New York (altra sede del contagio), né prescrive le misure rigorose suggerite al Messico. Un motivo ci può essere. Nel 2005, sotto la presidenza messicana di Fox, furono effettuate “manovre congiunte” tra Ministero della Salute messicano e i suoi partner nel TLC (Trattato del libero commercio), Usa e Canada. Si simulò un’epidemia di influenza suina in Messico, e il CDC (Center for Disease Control) fornì istruzioni su come comportarsi in un caso del genere (tutto questo l’ho appreso da un documentario andato in onda ieri sera nell’ambito del programma Los Reporteros, di Televisa, a notte tarda). Quando un’influenza anomala si è manifestata in Messico, le autorità sanitarie locali non si sono rivolte ai quattordici laboratori messicani in grado di analizzare il virus eventuale, bensì direttamente al CDC e all’OMS, che hanno immediatamente decretato la pandemia e suggerito l’applicazione delle misure raccomandate al Messico tre anni prima. Così, a fronte di 7-12 morti e a 130 infettati (veri o presunti) 100 milioni di messicani devono girare con l’inutile mascherina “rassicurante” e starsene a casa, mentre la loro industria turistica va a pezzi. Invece i bar californiani sono regolarmente aperti e i turisti circolano liberamente.
Dopo la mezza bufala dell’influenza aviaria, CDC e OMS (anche questa egemonizzata dagli Stati Uniti) colpiscono ancora.
Solo che questa volta non è una bufala: è una porcata.

Pubblicato Maggio 2, 2009 05:24 AM |

Vattimo contesta la presenza dell'Egitto alla Fiera del libro

Scritto da Simona Mammano il 2 maggio 2009

Come l'anno scorso, anche per quest'ultima edizione della Fiera del libro ci sono contestazioni sulla presenza del Paese ospite d'onore, che quest'anno sarà l'Egitto.
Il filosofo Gianni Vattimo, candidato alle prossime Europee con l'Italia dei Valori, ne spiega le ragioni.
Tratto da lastampa.it di Torino:


2/5/2009 (14:42) - IL CASO
Vattimo contro la Fiera del libro:
è uno scandalo invitare l'Egitto
Il professor Gianni Vattimo in una immagine d'archivio


Il candidato dell'Idv contesta l'ospite
TORINO
«Sono scandalizzato e mi vergogno sempre di più di chi non ha il minimo di coscienza e organizza le manifestazioni a costo dei diritti umani, e di chi si riempie sempre la bocca. Parlerò di questo in campagna elettorale, per far sentire la voce della politica che spero vada anche in Europa». Sono le dure parole del filosofo torinese Gianni Vattimo, candidato alle prossime europee con l’Italia dei valori, che ha presentato stamattina insieme ad Alfredo Tradardi dell’International solidarity movement italia, i moviti della campagna di boicottaggio-contestazione alla presenza dell’Egitto come paese ospite d’onore della Fiera internazionale del libro di Torino. Un boicottaggio che segue quello dello scorso anno alla fiera che aveva accolto come paese ospite d’onore Israele.

Una contestazione definita «un dovere morale, culturale e politico. Noi cerchiamo di dare -spiega Tradardi- un piccolo contributo affinchè la verita sul conflitto medio orientale faccia dei passi avanti. E come lo scorso anno con lo Stato di Israele ci mobiliteremo a livello locale e nazionale per contestare la presenza dell’Egitto come ospite d’onore della fiera del libro». I promotori dell’iniziativa, che fa parte della campagna ’Boicottaggio, disinvestimenti e sanzionì lanciata nel 2005 dalla società civile palestinese, osservano poi che il fatto che la cerimonia inaugurale «preveda una lectio magistralis sul tema ’Immaginare una cultura per la pace e la tolleranzà tenuta dal ministro egiziano per la Cultura, ci sembra un troppo che offende la nostra coscienza civile e democratica e gli oppressi e i perseguitati in Egitto e in Palestina».




venerdì 1 maggio 2009

Niente perdono. Oggi Delara è stata giustiziata

E' notizia di poche ore fa. Una sconfitta per i diritti umani.
Da Corriere.it:

La ragazza-pittrice condannata per un omicidio avvenuto quando aveva 17 anni è stata impiccata all'alba

Delara Darabi
Delara Darabi
ROMA - La condanna è stata eseguita. Delara Darabi, la pittrice di 23 anni condannata al patibolo per la complicità in un omicidio commesso nel 2003, quando aveva solo 17 anni, è stata giustiziata nella prigione di Rasht, in Iran. E' stata uccisa di mattina presto, di venerdì, giorno sacro per gli islamici. E senza che ne fosse data notizia al suo avvocato né alla sua famiglia, secondo quanto spiega Mohammad Mostafaei, un avvocato attivo nel campo dei diritti umani, citato dal sito di Iran Human Rights. E' stata impiccata nonostante un movimento di pressione internazionale che raccoglie attivisti per i diritti umani di varia provenienza avesse ottenuto un rinvio dell'impiccagione. Si era parlato di una dilazione di due mesi, rispetto alla data del 20 aprile nella quale era stata fissata inizialmente l'esecuzione. Invece il boia ha atteso solamente dieci giorni, poi ha calato il cappio.

IL RINVIO - Il provvedimento di rinvio era stato certificato dal capo della magistratura di Teheran, l'ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, che aveva parlato di una sospensione «per un breve periodo di tempo» per dare modo alla famiglia della vittima di riflettere sulla richiesta di perdono avanzata dai genitori di Delara. Shahrudi non aveva però annullato l’esecuzione, come richiesto invece dalle associazioni dei diritti umani e dagli attivisti iraniani. Iran Human Rights, Amnesty International e le altre associazioni che si erano battute per la sua salvezza - puntando soprattutto sulla minore età della ragazza all'epoca dei fatti - avevano parlato di possibili violazioni della legge internazionale. L'Iran ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti dell'infanzia, che per l'appunto vieta la pena di morte per i minorenni. Ma di fatto ancora non ne segue le indicazioni: un'ipotesi di normativa per dare applicazione concreta alla Convenzione è stata redatta dalle autorità giudiziarie iraniane e trasformata in un progetto di legge che stabilisce pene più leggere per i minori. Ma il provvedimento è ancora fermo in parlamento.

«PREZZO DEL SANGUE» - La legge iraniana è basata su una interpretazione della Sharia e prevede che un condannato a morte per omicidio possa avere salva la vita se i familiari della vittima concedono il perdono. Di solito ciò avviene in cambio di un risarcimento in denaro. Questo però non è avvenuto. Già in passato i parenti della donna uccisa - una cugina del padre di Delara, che nel 2003 aveva 58 anni -, avevano rifiutato questa opzione. Una posizione che non è cambiata, nonostante i giudici abbiano concesso loro qualche giorno in più di riflessione. Delara proviene da una famiglia benestante e i suoi genitori si erano offerti di pagare il cosiddetto «prezzo del sangue», l'indennizzo ai parenti della vittima, primo passo per arrivare a quel perdono formale che avrebbe permesso di fermare l'esecuzione. Ma la famiglia della donna uccisa non ne ha voluto sapere.

«ERRORI DEI GIUDICI» - L'avvocato di Delara, Abdolsamad Khoramshahi, dal quotidiano Etemad aveva parlato di errori nella gestione del caso da parte dei giudici. Il legale avrebbe anche raccontato di come la donna sarebbe stata anche drogata dal suo compagno di allora. Delara si era infatti inizialmente addossata le responsabilità per quanto accaduto. Dopo il processo di primo grado, aveva ritrattato la sua confessione e aveva raccontato una nuova verità. Aveva parlato di come, con il suo gesto, avesse cercato di coprire l'allora compagno, di due anni più vecchio di lei, autore materiale dell'omicidio. Ma non è riuscita a convincere i magistrati della sua innocenza e nel febbraio del 2007 la Corte suprema di Teheran, ritenendola comunque coinvolta attivamente nell'assassinio e non accettando l'idea che fosse stata una semplice testimone, aveva confermato la sentenza.

«L'ONU INTERVENGA» - «L'esecuzione di Delara è stata possibile perché l'Iran continua a pensare di poter agire da sola e che le reazioni internazionali siano solo parole e non abbiano conseguenze - dice Mahmood Amiry-Moghaddam, portavoce di Iran Human Rights -. Delara è il simbolo di tutti i minorenni in carcere ed è ora che Teheran paghi le conseguenze per una violazione della convenzione sui diritti dell'infanzia che pure ha sottoscritto. L'Onu deve fare in modo che quei principi trovino attuazione e non siano semplicemente un pezzo di carta». In Iran ci sono attualmente 150 minorenni in attesa di condanna a morte.

Carlotta De Leo
01 maggio 2009


1° Maggio e governo

Scritto da Simona Mammano il 1° maggio 2009

L'Italia della disoccupazione, del precariato e della crisi economica deve assistere ai tentativi del capo del governo di accrescere la sua credibilità, dopo l'intenzione di candidare giovani e belle ragazze alle europee e la sua partecipazione al compleanno di una diciottenne, che non ha esitato a farsi intervistare ovunque, sottolineando di chiamare Berlusconi "papi".
Questa la discussione in Parlamento alla vigilia del 1° Maggio. In merito riporto uno stralcio dell'articolo di Francesco Verderami sul Corriere di ieri:

ROMA - Non sapeva se ridere o di­sperarsi, Enrico Letta: «Stanno per arriva­re dati terrificanti sul fabbisogno dello Stato, e di cosa si parla? Di 'papi'». Per­ché in effetti non si parlava d’altro ieri in Parlamento, della diciottenne Noemi che chiama Berlusconi «papi» e dell’en­nesima sfuriata di Veronica Lario contro il marito. Ma per quanto possa apparire paradossale non c’è differenza tra questa storia d’interno familiare e i conti dello Stato, perché lo scontro tra il premier e la sua consorte è un affare di Stato nel sistema della seconda Repubblica.

Così la «dynasty all’italiana» si è pre­potentemente infilata nelle dinamiche politiche. All’ombra di una lite privata sulla suddivisione dell’asse ereditario— con Berlusconi a dir poco irritato con la moglie, «la signora», che starebbe cer­cando di «mettermi contro i figli» — si sono prodotti effetti sul Pdl e sul gover­no, con ministri e dirigenti di partito pre­occupati per i contraccolpi d’immagine alla vigilia delle elezioni. Perché dopo il 25 aprile il Cavaliere è schizzato ben ol­tre il 73% nella fiducia degli italiani e il suo partito nei rilevamenti ha raggiunto «quota 45%». Insomma, il rischio che la lite recasse danni c’era. Non a caso ieri mattina il Ca­valiere ha commissionato subito un son­daggio, dal quale — così ha spiegato in serata ai suoi — «sono uscito vincitore». Gli italiani sarebbero dalla sua parte, «stavolta non dovrò chiedere scusa», co­me accadde nel 2007 dopo la lettera in­viata dalla moglie a Repubblica. Tanto basta per capire quanto abbia inciso la faccenda privata nelle faccende pubbli­che. Ecco perché martedì — venuto a sa­pere in mattinata delle intenzioni della moglie — Berlusconi aveva invano tenta­to di evitare che la questione esplodesse. Ecco perché oggi avrebbe intenzione di volare a Milano. Ecco il motivo per cui sarebbe saltato il pranzo con Fini. D’altronde non sarebbe stata una cola­zione serena, dato che Berlusconi aveva il dente avvelenato con il presidente del­la Camera, perché la sua fondazione, Fa­refuturo, con un articolo aveva sparato a zero sulle «veline in lista», prima che la moglie lo attaccasse.


Buon 1° Maggio.